
Gregory Bateson, è stato uno avanti, avantissimo, un ‘precursore trasversale’ col dono raro di saper seminare tantissimo, e non solo intelligenza o innovative riflessioni. Bateson sapeva scrivere e ragionare con rigore da antropologo, sociologo, psicologo, filosofo, cibernetico o da papà impegnato in deliziosi metaloghi con la figlia. Ed infatti diventò ben presto una figura di culto in campo scientifico, con una produzione di saggi che spaziano dalla genetica alla fisica, biologia, psicologia, psichiatria, alle teorie del linguaggio e dell’apprendimento, dalla comunicazione alla pedagogia, dall’epistemologia alla sociologia.
In Ecologia della mente, forse il più studiato fra i suoi libri, troviamo molti dei suoi interessi, incluso l’invito ad adottare una ‘mente ecologica’ e a fare attenzione a quali occhiali teorici ed epistemologici stiamo utilizzando anche nel leggerlo.
Bateson (come Bertalanffy e Piaget per dire), postula l’impossibilità di prescindere da un discorso sull’epistemologia; e come Magritte ci ricordava che ‘questa non è una pipa’, Bateson ci ricorda che in un ottica dei sistemi, non possiamo illuderci e non far riferimento all’osservatore, perché ‘tutto ciò che è detto è detto da un osservatore’. Diviene allora necessaria la ricerca di un pensiero narrativo che permetta, meglio di altri, di favorire una comprensione più ampia e globale del mondo e dei processi viventi. I comportamenti e la comunicazione non possono certo essere compresi attraverso un dualismo oppositivo di tipo cartesiano che separa mente e materia, cognizione ed emozione, natura e cultura, organismo e ambiente.
Confesso che quando incontrai il pensare a più livelli di Bateson, mi entusiasmai come un giovane esploratore di fronte alla scoperta di un nuovo affascinante territorio. Ma non fu subito una facilissima lettura, (o almeno così ricordo la prima volta che da studente lo affrontai), ma capii ben presto il perchè: Ecologia della mente è un libro così affascinante che ti fa venire voglia di divorarlo velocemente, ma il suo essere altrettanto impegnativo nel suo essere creativamente rigoroso, non ti permette però di saltare pagine o di fingere di aver compreso tutto e andare avanti lo stesso.. Capisci sin da subito che non ci riuscirai, che non ne vale la pena. Ti inchioda al dover stare attento ed a stare anche attento a come pensi di essere attento.
Bateson nelle diverse parti del libro ti fa saltare dalla guerra fredda, alla teoria sull’alcolismo, dalle teorie dei giochi alla schizofrenia, dalla schismogenesi e agli abitanti di Bali, ai processi di comunicazione e ai vari livelli di apprendimento. Lui riesce pur tuttavia a tenere tutto assieme, incastrandoti con quella ‘magia’ rara che fa sì che più leggi e più vorresti imparare, più stai attento e più vorresti capirne, e anche se non ti è mai interessata troppo l’antropologia, avresti comunque voluto essere stato con lui a Bali e riempirlo di domande.
Credo che uno dei grandi meriti di Bateson risieda nel fatto che questo non è un libro in cui trovare risposte, se son queste che cerchi, bensì un libro che invita ad interrogarci su quanto buone o pertinenti sono le nostre domande.
E lui non a caso, ci infarcisce i suoi stessi libri di domande; domande che di primo acchito ci sorprendono, apparendoci pure strane o bizzarre, ma che in verità ci aiutano a riflettere su come siamo abituati a pensare, obbligandoci ad allargare seduta stante il campo percettivo e l’orizzonte dei nostri ragionamenti.
“Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?”
“Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino: a) giungerà ad amare o a odiare gli spinaci; b) ad amare o a odiare il gelato; c) ad amare o a odiare la mamma?”
In Ecologia della mente, in posizione super-ordinata al testo, troviamo una proposta di ‘paradigma epistemologico’ che sarà seminale in seguito e non solo in Accademia. Se dagli anno ’70 si è iniziato a confrontarsi ed a lavorare su un concetto di scienza ‘connettiva’ in virtù della quale poter leggere una gamma molto ampia di fenomeni e apparentemente assai diversi l’uno dall’altro quali quelli biologici e mentali, molto lo dobbiamo indubbiamente a Bateson.
Gregory Bateson è stato un rigorosissimo libero pensatore, al quale essere culturalmente riconoscenti, grati anche del suo ricordarci come pure l’apparenza (o il suo contrario) risiedono negli occhiali teorici con cui si studia la vita.
Gregory Bateson (1904-1980) – Antropologo, sociologo, cibernetico, è stato uno dei più importanti studiosi di questo secolo, teorico oppositore dei riduzionismi scientifici, provò a reintrodurre il concetto di “mente” all’interno della riflessione scientifica, ci insegnò il concetto di doppio legame e fu ispiratore di nuovi approcci in psicoterapia, dal MRI di Weakland, diJackson, Watzlavick a molte scuole di terapia familiare (in Italia in primis forse la scuola di Palazzoli a Milano). Con W.McCulloch, R.Ashby, Heinz Von Foerster, N.Wiener, Gordon Pask, contribuì alla fondazione ed allo sviluppo della scienza cibernetica.