Brilliant Trees

Brilliant Trees

When you come to me
I’ll question myself again
Is this grip on life still my own

When every step I take
Leads me so far away
Every thought should bring me closer home

And there you stand
Making my life possible
Raise my hands up to heaven
But only you could know

My whole world stands in front of me
By the look in your eyes
By the look in your eyes
My whole life stretches in front of me
Reaching up like a flower
Leading my life back to the soil

Every plan I’ve made’s
Lost in the scheme of things
Within each lesson lies the price to learn

A reason to believe
Divorces itself from me
Every hope I hold lies in my arms

And there you stand
Making my life possible
Raise my hands up to heaven
But only you could know

My whole world stands in front of me
By the look in your eyes
By the look in your eyes
My whole life stretches in front of me
Reaching up like a flower
Leading my life back to the soil

Rinascita di un romantico dandy inglese con la passione dell’arte e dell’oriente
Negli anni 80 le classifiche mondiali erano pervase dal synth pop, da gruppi dal look
glamour, occhi pittati e da quella tendenza del pop inglese che venne battezzata dalla
critica specializzata come fenomeno “New Romantic”.
I Japan di David Sylvian dettavano stile e veicolavano tendenze (andate a chiedere ai vari Simon Le Bon o Tony Hadley dell’epoca..). Sylvian comunque puntualizzò ben presto la sua distanza dai NewRomantic affermando: “non mi piace essere associato a loro, i nostri atteggiamenti e la nostra musica è molto diversa” e del resto con i Japan in cinque anni pubblicò sei album che si distinsero per una musica decisamente più ricercata, colta e raffinata rispetto alla media dei nuovi gruppi inglesi da classifica, vedi appunto Spandau o Duran Duran.
Nel 1982 i Japan sono ormai definitivamente diventati di uno dei progetti più interessanti
dopo la scena post punk inglese e del variegato universo della new wave che
s’impose tra la fine degli anni ’70; assieme a band e musicisti come Ultravox, Talking Heads, Police o Joe Jackson, vengono ormai connotati come i fenomeni più creativi e originali della scena musicale inglese degli ultimi 35 anni.
Ed è proprio lì, all’apice del momento più bello, del successo e delle vendite discografiche, che nel freddo dicembre del 1982, terminato un memorabile tour mondiale, Sylvian scioglie improvvisamente il gruppo. Espresse la necessità di scrollarsi di dosso vincolanti manierismi ed etichette modaiole, manifestando un’insofferenza crescente per i fastidiosi vincoli dell’immagine ‘glam-pop’ e per le opprimenti regole del mercato. Fatto sta che dal giorno alla notte la meravigliosa e ben oliata macchina musicale dei Japan si ferma.
Sylvian sembra scomparire dalle scena, si allontana da giornali, televisioni e dai riflettori dello show business e si rifugia nell’esplorazione dell’arte più sperimentale e lontana dai facili compromessi, decide di farsi aiutare proseguendo un lungo percorso di
psicoterapia (la biografia parla di un’infanzia infelice e delle insicurezze che spesso ci si trascina dietro..). Era per lui arrivato semplicemente il momento di lavorare su di sé, di rischiare e di mettersi in gioco in proprio.
Sylvian decide così di sperimentare nuovi orizzonti musicali più coraggiosi e meno legati al mercato di massa, decide di ampliare i propri spazi compositivi e collaborativi cercando subito musicisti di altre estrazioni e con linguaggi decisamente diversi.
Per nostra fortuna, l’inverno a cavallo tra il 1983 e il 1984 questa metamorfosi vede
nascere un vero e proprio capolavoro. Di colpo, il lutto per la fine dei Japan lascia spazio alla sorpresa e allo stupore per una meravigliosa rinascita. Ironia della sorte, in quei mesi lo studio di registrazione a Londra non è completamente a disposizione, Sylvian si sposta allora a Berlino che diventa il luogo del delitto perfetto per il concepimento artistico e lo sviluppo di uno dei dischi di esordio sicuramente più belli e sorprendenti di sempre.
Sylvian porta con sé a Berlino un gruppo ‘trasversale’ di musicisti di altissimo livello: la tromba postmoderna di Jon Hassell da Menphis, il mago tedesco del krautrock nonché mentore dei Can Holger Czukay, il sensibile jazzista canadese Kenny Wheeler e  sua maestà Ryuichi Sakamoto, sodalizio al quale Sylvian in quegli anni deve molto (vedi Bamboo Houses e Forbidden Colors). Tiene con sé due elementi della sua ex formazione, il fido fratello batterista Steve e l’amico di sempre Richard Barbieri e chiama due bei nomi del funk d’oltreoceano quali Wayne Braithwaite e Ronny Drayton, ai quali si aggiungono Steve Nye ai sintetizzatori, Phil Palmer alle chitarre, Danny Thompson al contrabbasso e Mark Isham alla tromba. Nel disco David Sylvian si ‘accontenta’ poi di suonare solamente la chitarra, il pianoforte, i sintetizzatori e le percussioni.
Da questa apparentemente bizzarra e trasversale alchimia nasce “Brilliant Trees”, che si rivela un disco a tratti onirico, introspettivo, una sorta di viaggio trascendente che attraverso una struttura apparentemente minimale esplora i lati più avventurosi della canzone d’autore con una creatività, una delicatezza e una sperimentazione davvero inattesi. E’ un lavoro esteticamente molto ben curato, di un’eleganza assolutamente particolare, che affonda le sue radici in un collettivo musicale che spazia da echi di Brian Eno al jazz, dall’azzardo sperimentale all’accenno funk con fugace e amorevole strizzata di occhi alle cadenze dei vecchi Japan. Sylvian all’anagrafe ha solamente 25 anni ma sfoggia già classe e maturità compositiva invidiabili; la cura e la scelta dei suoni e delle composizioni (in teoria apparentemente distanti fra loro), si amalgamano sorprendentemente bene grazie alla perfezione degli arrangiamenti ed al tocco squisito e creativo di ognuno dei musicisti coinvolti.
Sylvian riesce a mettere da subito fuori gioco tutti quelli che vorrebbero cercare un qualche confronto o paragone con quella che era stata l’esperienza artistica e la cifra stilistica dei Japan. A partire dalla leggerezza elegante e sobria in copertina, il David immortalato in
bianco e nero da Yuka Fuji, è di colpo molto lontano dall’immagine glamour e patinata
che lo precede, e ciò riesce a far sembrare già andati i tempi dei Japan.
Brilliant Trees ti conquista al primo ascolto, e’ un disco che prima ancora che con i testi, ti rapisce con la cornice sonora, ognuno di noi viene colpito da qualcosa di particolare, ci sono essenze jazz e visionarie, profumi di world music, musica sperimentale ed ambient raffinata. Musicisti affiatati che non sbagliano nulla e che Sylvian dirige con una sorta di mantra creativo che diverrà matrice generativa per un sacco di materiale interessante negli anni a seguire.
David Sylvian è riuscito a far rinascere un nuovo sé stesso con una maturità già da capolavoro, con un vinile prezioso che ancor oggi, a distanza di trent’anni suona attuale ed emozionante per come brilla di luce propria ed inimitabile. E dico vinile non a caso, perché, almeno la prima stampa, suona decisamente meglio in vinile (la recente ristampa da 180g, credo rimasterizzata, invece non l’ho ancora ascoltata).

PS. In vita mia non sono mai riuscito a fermarmi ai soli 10 dischi da portare nell’isola deserta, ma questo è per certo un album da avere, anche se non siete dei sopravvissuti o dei nostalgici delle piste degli anni ’80. Oltre alla bellezza musicale e artistica intrinseca, è un disco capace di ricordarci con intelligenza, ma anche con una certa dose di introspettiva delicatezza poetica, quanto nella vita sia importante il saper chiudere cose anche importanti, per poter e saper rinascere migliori..

Brilliant Trees (Trad.)

Quando ti avvicini a me
M’interrogo una volta di più
Questa stretta alla vita è ancora la mia?
Quando ogni passo che faccio
Mi conduce così lontano
Ogni pensiero dovrebbe portarmi più vicino a casa
 
E tu sei là
Tu rendi possibile la mia esistenza
Levo le mie mani al cielo
Ma solo tu potresti davvero sapere
 
Tutto il mio mondo, eccolo di fronte
Con lo sguardo nei tuoi occhi
Tutta la mia vita mi si allunga davanti
Si estende come un fiore
Riconduce la mia esistenza alla terra
 
Ogni progetto che ho accarezzato
Si è smarrito nell’ordine delle cose
Dentro ogni lezione si cela il prezzo per apprendere
Una ragione per credere
Si allontana da me
Ogni speranza che nutro giace tra le mie braccia

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